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【连载 1】宗座劝谕《你们欢喜雀跃吧》阐述 (含意大利语原文)

2018-04-11 海鸥传信

教宗阐述“适用于所有人的成圣道路”(一)

教宗方济各发表宗座劝谕《你们欢喜雀跃吧》。具体阐述了在当今世界做人们身边的圣人的指导和建议。网络和公教媒体所面临的危险

ANDREA TORNIELLI
梵蒂冈城

教宗方济各阐述“在现代世界成圣”问题的宗座劝谕《你们欢喜雀跃吧》共五个章节、177个段落,邀请人们做今天的圣人。文件解释说成圣不仅仅是少数人所获得的召叫,而是对所有人的邀请,在日常生活中善度成圣的生活。教宗写道,“上主给了我们真正的生活、幸福……。祂要我们成为圣人,不希望满足于平庸的、惨淡的、空洞的人生”。

中产阶级的圣德

第一章中,教宗邀请人不要只想着“已经列真福或者圣品的”圣人们。指出“不存在一个不归属于某一个民族的完整身份。为此,任何人都不能自救”(6)。“我希望在耐心的天主的子民身上看到圣德”,那些为人父母者、挣钱养家的男男女女、病人、不断微笑着的年迈修女们……。这是“邻家的”圣德、“中产阶级的圣德”(7)。

所有人都有可能成圣

教宗邀请人们在“看似可望而不可即的圣德榜样”面前不要气馁。因为我们应该追随“上主为我们保留的独特而具体的道路”(11)。“我们所有人都蒙召成为圣人,用爱生活、在每一天的工作中奉献各自的见证”(14)。

从小事做起的圣德

教宗谈到圣德“是通过小事成长起来的”。例如一个人听到别人对他人说三道四时,会在内心意识到这样做是不对的,这就是迈向成圣的脚步。还有劳累一天的父母,仍然耐心地倾听孩子们的讲述。“这就是另一种使人成圣的奉献”(16)。“愿你能认出耶稣的话、耶稣的信息,那天主想用你的生活向世界说的话”(24)。

在世界中的活动不是“分心”

教宗写道,“喜欢沉默、避免与他人相遇……、热衷祈祷而低估服务并不是健康的”(26)。但这并不意味着“鄙视在天主面前寂静、孤独和沉默的时刻”。邀请人们“不要害怕成圣。成圣不会夺去你的力量、生活和喜乐”(32)。

成圣的两个十分微妙的敌人

第二章中,教宗提醒人们警惕两个“微妙的敌人”——诺斯底主义和白拉奇主义。这两种态度都可以在教会内部找到,“诺斯底主义的典型特点是以为他们的诠释完全可以让人们完美地理解全部信仰和全部福音。他们将自己的理论绝对化并迫使他人屈从于他们的推理”(39)。

太多的假先知们的“正确”答案

“当有人回答了所有问题时,表明他处在一条不好的道路上、可能是个假先知……”。“我们很难理解从上主那里领受的真理,更加难以表达。为此,我们不能就认为自己的理解方式给了我们严格控制他人生活的权力”(43)。确切地说,“我们对真理的理解和表达不是一个封闭的系统,缺乏能够产生问题、疑问和质询的演变”(44)。

相信自己的力量

白拉奇主义是那些传播“靠人的意志可以完成一切”思想的人,忽视了天主恩宠。教宗指出,恩宠“不会让我们一下子成为超人”,但天主的恩宠总是促使人们超越“人的智力和意志力”。

以自我为中心者的态度

“圣人们避免相信自己行动的力量”(54)。首先是“属于天主”。但有一些基督徒盲目地恪守某些规范,以为“靠自己的力量成圣”,他们“多表现在痴迷于法律、热衷标榜社会和政治成就;在礼仪、教义生活中大张旗鼓,炫耀教会威望;在处理教会的实际工作中贪图虚荣”(57)。许多时候是“违背圣神的冲动,教会生活变成了一个博物馆的摆设或者少数人所有的。当一些基督信仰团体过分强调恪守其自身的某些规则时,便会发生这种情况”(58)。

将爱德放在中心

教宗强调,“应该常常记得存在一种德行的等级制”,其“中心是爱德”(60)。换句话说,“在茂密的戒律和规范的丛林中,耶稣另辟蹊径,使人分得清天父和兄弟的面容”(61)。

今天的真福八端

第三章,教宗指出福音的真福八端是“基督信仰的身份证”。在落实的同时重新加以审视。

神贫的人是有福的,因为天国是他们的

“财富不会给你带来任何保障。相反,当一个人的心感到富有时,会对自己如此的满意以至于没有了天主圣言的空间、没有了爱兄弟手足的空间”(68)。

温良的人是有福的,因为他们要承受土地

“这是很强烈的表达方式,在这个从一开始就充满敌意的世界里……,仍然继续不断地把他人的想法和习惯分门别类”(71)。教宗指出,“在捍卫自己的信仰和自己的信念时,也应该温良,甚至要温良地对待对手。许多时候,教会内因为没有响应这一呼吁而犯错了”(73)。

哀恸的人是有福的,因为他们要受安慰

“真正实事求是的人,会被自己内心的痛苦与哭泣折磨,他有能力深入到生活的深处,并真正幸福”(76)。

饥渴慕义的人是有福的,因为他们要得饱饫

教宗解释到,“耶稣指出的正义不是世界所寻求的”,就像日常政治生活中常见的交易,“一切都是交易”(78)。“要充满饥饿和饥渴地探索正义,这是圣德”。

怜悯人的人是有福的,因为他们要受怜悯

教宗指出,耶稣“并没有说‘策划复仇的人是有福的’,而是称那些宽恕的人、宽恕‘七十个七次’的人是有福的”。

缔造和平的人是有福的,因为他们要称为天主的子女

教宗写道,“流言蜚语的、由专门批评和摧毁的人组成的世界无法缔造和平”(87)。而爱好和平的人“缔造和平及社会友谊”(88)。但教宗同时也承认,“建设这不排斥任何人,且将有些陌生的人、很难处并复杂的人……、那些与我们不同的人融合在一起的福音和平并非易事”(89)。

为义而受迫害的人是有福的,因为天国是他们的

“如果我们不想陷入晦涩的平庸之中,那就不要想着过舒适安逸的日子”(90)。“不要想为了善度福音生活,我们周边的一切就都是有利的”(91)。教宗进一步解释说,“圣人不是一个古怪的、超然的人,因为他的虚荣、消极和怨恨而变得令人无法忍受”。就连宗徒们也不是这样的人,相反,“他们深受所有人的爱戴”(93)。至于迫害,它并不是“过去的事,因为今天我们也承受着迫害,无论像当代许多殉道者们所经受的残忍手段的迫害,还是通过诽谤和谎言等更加微妙手段”的迫害(94)。

 

—    待续

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意大利语原文:

ESORTAZIONE APOSTOLICA

GAUDETE ET EXSULTATE


DEL SANTO PADRE

FRANCESCO


SULLA CHIAMATA ALLA SANTITÀ

NEL MONDO CONTEMPORANEO


 

1. «Rallegratevi ed esultate» (Mt 5,12), dice Gesù a coloro che sono perseguitati o umiliati per causa sua. Il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente. In realtà, fin dalle prime pagine della Bibbia è presente, in diversi modi, la chiamata alla santità. Così il Signore la proponeva ad Abramo: «Cammina davanti a me e sii integro» (Gen 17,1).

2. Non ci si deve aspettare qui un trattato sulla santità, con tante definizioni e distinzioni che potrebbero arricchire questo importante tema, o con analisi che si potrebbero fare circa i mezzi di santificazione. Il mio umile obiettivo è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. Perché il Signore ha scelto ciascuno di noi «per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità» (Ef 1,4).

 

CAPITOLO PRIMO


LA CHIAMATA ALLA SANTITÀ

 


I santi che ci incoraggiano e ci accompagnano

3. Nella Lettera agli Ebrei si menzionano diversi testimoni che ci incoraggiano a «[correre] con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (12,1). Lì si parla di Abramo, di Sara, di Mosè, di Gedeone e di altri ancora (cfr 11,1-12,3) e soprattutto siamo invitati a riconoscere che siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (12,1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. E tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine (cfr 2 Tm 1,5). Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore.

4. I santi che già sono giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami d’amore e di comunione. Lo attesta il libro dell’Apocalisse quando parla dei martiri che intercedono: «Vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia?”» (6,9-10). Possiamo dire che «siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. […] Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta».[1]

5. Nei processi di beatificazione e canonizzazione si prendono in considerazione i segni di eroicità nell’esercizio delle virtù, il sacrificio della vita nel martirio e anche i casi nei quali si sia verificata un’offerta della propria vita per gli altri, mantenuta fino alla morte. Questa donazione esprime un’imitazione esemplare di Cristo, ed è degna dell’ammirazione dei fedeli.[2] Ricordiamo, ad esempio, la beata Maria Gabriella Sagheddu, che ha offerto la sua vita per l’unità dei cristiani.

I santi della porta accanto

6. Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità».[3] Il Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo.

7. Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”.[4]

8. Lasciamoci stimolare dai segni di santità che il Signore ci presenta attraverso i più umili membri di quel popolo che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità».[5] Pensiamo, come ci suggerisce santa Teresa Benedetta della Croce, che mediante molti di loro si costruisce la vera storia: «Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato».[6]

9. La santità è il volto più bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita «segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo».[7] D’altra parte, san Giovanni Paolo II ci ha ricordato che «la testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti».[8] Nella bella commemorazione ecumenica che egli volle celebrare al Colosseo durante il Giubileo del 2000, sostenne che i martiri sono «un’eredità che parla con una voce più alta dei fattori di divisione».[9]

Il Signore chiama

10. Tutto questo è importante. Tuttavia, quello che vorrei ricordare con questa Esortazione è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44; 1 Pt1,16). Il Concilio Vaticano II lo ha messo in risalto con forza: «Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e di una tale grandezza, tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste».[10]

11. «Ognuno per la sua via», dice il Concilio. Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili. Ci sono testimonianze che sono utili per stimolarci e motivarci, ma non perché cerchiamo di copiarle, in quanto ciò potrebbe perfino allontanarci dalla via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza.[11] Di fatto, quando il grande mistico san Giovanni della Croce scriveva il suo Cantico spirituale, preferiva evitare regole fisse per tutti e spiegava che i suoi versi erano scritti perché ciascuno se ne giovasse «a modo suo».[12] Perché la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro.[13]

12. Tra le diverse forme, voglio sottolineare che anche il “genio femminile” si manifesta in stili femminili di santità, indispensabili per riflettere la santità di Dio in questo mondo. E proprio anche in epoche nelle quali le donne furono maggiormente escluse, lo Spirito Santo ha suscitato sante il cui fascino ha provocato nuovi dinamismi spirituali e importanti riforme nella Chiesa. Possiamo menzionare santa Ildegarda di Bingen, santa Brigida, santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila o Santa Teresa di Lisieux. Ma mi preme ricordare tante donne sconosciute o dimenticate le quali, ciascuna a modo suo, hanno sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro testimonianza.

13. Questo dovrebbe entusiasmare e incoraggiare ciascuno a dare tutto sé stesso, per crescere verso quel progetto unico e irripetibile che Dio ha voluto per lui o per lei da tutta l’eternità: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato» (Ger 1,5).

Anche per te

14. Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali.[14]

15. Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita (cfr Gal 5,22-23). Quando senti la tentazione di invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli: “Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore”. Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l’ha colmata di doni con la Parola, i Sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi, e una multiforme bellezza che procede dall’amore del Signore, «come una sposa si adorna di gioielli» (Is 61,10).

16. Questa santità a cui il Signore ti chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti. Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare, e vengono le critiche. Ma questa donna dice dentro di sé: “No, non parlerò male di nessuno”. Questo è un passo verso la santità. Poi, a casa, suo figlio le chiede di parlare delle sue fantasie e, anche se è stanca, si siede accanto a lui e ascolta con pazienza e affetto. Ecco un’altra offerta che santifica. Quindi sperimenta un momento di angoscia, ma ricorda l’amore della Vergine Maria, prende il rosario e prega con fede. Questa è un’altra via di santità. Poi esce per strada, incontra un povero e si ferma a conversare con lui con affetto. Anche questo è un passo avanti.

17. A volte la vita presenta sfide più grandi e attraverso queste il Signore ci invita a nuove conversioni che permettono alla sua grazia di manifestarsi meglio nella nostra esistenza «allo scopo di farci partecipi della sua santità» (Eb 12,10). Altre volte si tratta soltanto di trovare un modo più perfetto di vivere quello che già facciamo: «Ci sono delle ispirazioni che tendono soltanto ad una straordinaria perfezione degli esercizi ordinari della vita cristiana».[15] Quando il Cardinale Francesco Saverio Nguyên Van Thuân era in carcere, rinunciò a consumarsi aspettando la liberazione. La sua scelta fu: «vivo il momento presente, colmandolo di amore»; e il modo con il quale si concretizzava questo era: «afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario».[16]

18. Così, sotto l’impulso della grazia divina, con tanti gesti andiamo costruendo quella figura di santità che Dio ha voluto per noi, ma non come esseri autosufficienti bensì «come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio» (1 Pt 4,10). Bene hanno insegnato i Vescovi della Nuova Zelanda che è possibile amare con l’amore incondizionato del Signore perché il Risorto condivide la sua vita potente con le nostre fragili vite: «Il suo amore non ha limiti e una volta donato non si è mai tirato indietro. E’ stato incondizionato ed è rimasto fedele. Amare così non è facile perché molte volte siamo tanto deboli. Però, proprio affinché possiamo amare come Lui ci ha amato, Cristo condivide la sua stessa vita risorta con noi. In questo modo, la nostra vita dimostra la sua potenza in azione, anche in mezzo alla debolezza umana».[17]

La tua missione in Cristo

19. Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo.

20. Tale missione trova pienezza di senso in Cristo e si può comprendere solo a partire da Lui. In fondo, la santità è vivere in unione con Lui i misteri della sua vita. Consiste nell’unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico e personale, nel morire e risorgere continuamente con Lui. Ma può anche implicare di riprodurre nella propria esistenza diversi aspetti della vita terrena di Gesù: la vita nascosta, la vita comunitaria, la vicinanza agli ultimi, la povertà e altre manifestazioni del suo donarsi per amore. La contemplazione di questi misteri, come proponeva sant’Ignazio di Loyola, ci orienta a renderli carne nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti.[18] Perché «tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero»,[19] «tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre»,[20] «tutta la vita di Cristo è mistero di Redenzione»,[21] «tutta la vita di Cristo è mistero di ricapitolazione»,[22] e «tutto ciò che Cristo ha vissuto fa sì che noi possiamo viverlo in Lui e che Egli lo viva in noi».[23]

21. Il disegno del Padre è Cristo, e noi in Lui. In definitiva, è Cristo che ama in noi, perché «la santità non è altro che la carità pienamente vissuta».[24] Pertanto, «la misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua».[25] Così, ciascun santo è un messaggio che lo Spirito Santo trae dalla ricchezza di Gesù Cristo e dona al suo popolo.

22. Per riconoscere quale sia quella parola che il Signore vuole dire mediante un santo, non conviene soffermarsi sui particolari, perché lì possono esserci anche errori e cadute. Non tutto quello che dice un santo è pienamente fedele al Vangelo, non tutto quello che fa è autentico e perfetto. Ciò che bisogna contemplare è l’insieme della sua vita, il suo intero cammino di santificazione, quella figura che riflette qualcosa di Gesù Cristo e che emerge quando si riesce a comporre il senso della totalità della sua persona.[26]

23. Questo è un forte richiamo per tutti noi. Anche tu hai bisogno di concepire la totalità della tua vita come una missione. Prova a farlo ascoltando Dio nella preghiera e riconoscendo i segni che Egli ti offre. Chiedi sempre allo Spirito che cosa Gesù si attende da te in ogni momento della tua esistenza e in ogni scelta che devi fare, per discernere il posto che ciò occupa nella tua missione. E permettigli di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi.

24. Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina.

L’attività che santifica

25. Poiché non si può capire Cristo senza il Regno che Egli è venuto a portare, la tua stessa missione è inseparabile dalla costruzione del Regno: «Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33). La tua identificazione con Cristo e i suoi desideri implica l’impegno a costruire, con Lui, questo Regno di amore, di giustizia e di pace per tutti. Cristo stesso vuole viverlo con te, in tutti gli sforzi e le rinunce necessari, e anche nelle gioie e nella fecondità che ti potrà offrire. Pertanto non ti santificherai senza consegnarti corpo e anima per dare il meglio di te in tale impegno.

26. Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio. Tutto può essere accettato e integrato come parte della propria esistenza in questo mondo, ed entra a far parte del cammino di santificazione. Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione.

27. Forse che lo Spirito Santo può inviarci a compiere una missione e nello stesso tempo chiederci di fuggire da essa, o che evitiamo di donarci totalmente per preservare la pace interiore? Tuttavia, a volte abbiamo la tentazione di relegare la dedizione pastorale e l’impegno nel mondo a un posto secondario, come se fossero “distrazioni” nel cammino della santificazione e della pace interiore. Si dimentica che «non è che la vita abbia una missione, ma che è missione».[27]

28. Un impegno mosso dall’ansietà, dall’orgoglio, dalla necessità di apparire e di dominare, certamente non sarà santificante. La sfida è vivere la propria donazione in maniera tale che gli sforzi abbiano un senso evangelico e ci identifichino sempre più con Gesù Cristo. Da qui il fatto che si parli spesso, ad esempio, di una spiritualità del catechista, di una spiritualità del clero diocesano, di una spiritualità del lavoro. Per la stessa ragione, in Evangelii gaudium ho voluto concludere con una spiritualità della missione, inLaudato si’ con una spiritualità ecologica e in Amoris laetitia, con una spiritualità della vita familiare.

29. Questo non implica disprezzare i momenti di quiete, solitudine e silenzio davanti a Dio. Al contrario. Perché le continue novità degli strumenti tecnologici, l’attrattiva dei viaggi, le innumerevoli offerte di consumo, a volte non lasciano spazi vuoti in cui risuoni la voce di Dio. Tutto si riempie di parole, di piaceri epidermici e di rumori ad una velocità sempre crescente. Lì non regna la gioia ma l’insoddisfazione di chi non sa per che cosa vive. Come dunque non riconoscere che abbiamo bisogno di fermare questa corsa febbrile per recuperare uno spazio personale, a volte doloroso ma sempre fecondo, in cui si intavola il dialogo sincero con Dio? In qualche momento dovremo guardare in faccia la verità di noi stessi, per lasciarla invadere dal Signore, e non sempre si ottiene questo se uno «non viene a trovarsi sull’orlo dell’abisso, della tentazione più grave, sulla scogliera dell’abbandono, sulla cima solitaria dove si ha l’impressione di rimanere totalmente soli».[28] In questo modo troviamo le grandi motivazioni che ci spingono a vivere fino in fondo i nostri compiti.

30. Gli stessi strumenti di svago che invadono la vita attuale ci portano anche ad assolutizzare il tempo libero, nel quale possiamo utilizzare senza limiti quei dispositivi che ci offrono divertimento e piaceri effimeri.[29] Come conseguenza, è la propria missione che ne risente, è l’impegno che si indebolisce, è il servizio generoso e disponibile che inizia a ridursi. Questo snatura l’esperienza spirituale. Può essere sano un fervore spirituale che conviva con l’accidia nell’azione evangelizzatrice o nel servizio agli altri?

31. Ci occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudine quanto il servizio, tanto l’intimità quanto l’impegno evangelizzatore, così che ogni istante sia espressione di amore donato sotto lo sguardo del Signore. In questo modo, tutti i momenti saranno scalini nella nostra via di santificazione.

Più vivi, più umani

32. Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere. Dipendere da Lui ci libera dalle schiavitù e ci porta a riconoscere la nostra dignità. Questa realtà si riflette in santa Giuseppina Bakhita, che fu «resa schiava e venduta come tale alla tenera età di sette anni, soffrì molto nelle mani di padroni crudeli. Tuttavia comprese la verità profonda che Dio, e non l’uomo, è il vero padrone di ogni essere umano, di ogni vita umana. Questa esperienza divenne fonte di grande saggezza per questa umile figlia d’Africa».[30]

33. Ogni cristiano, nella misura in cui si santifica, diventa più fecondo per il mondo. I Vescovi dell’Africa Occidentale ci hanno insegnato: «Siamo chiamati, nello spirito della nuova evangelizzazione, ad essere evangelizzati e a evangelizzare mediante la promozione di tutti i battezzati, affinché assumiate i vostri ruoli come sale della terra e luce del mondo dovunque vi troviate».[31]

34. Non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita «non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi».[32]

 

CAPITOLO SECONDO


DUE SOTTILI NEMICI DELLA SANTITÀ

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